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giardini 36: la puglia che verrà

| danilo giaffreda

Quello che puoi mangiare e bere è tutto scritto sulle lavagnette. Chiaro e perentorio. Come la grafica scelta per il logo e gli slogan, del resto: pulita e comprensibile. O ancora come il design scelto per arredare: essenziale e funzionale. Niente di apparentemente intrigante o sorprendente, quindi. Eppure, ti chiedi, non saranno proprio la schiettezza senza filtri e la nuda modernità a rendere, invece, questi Giardini 36, affascinanti e convincenti non appena ci metti piede?

Le scelte e le rinunce che hanno dato vita a questo bel progetto – quasi un laboratorio sperimentale – alla periferia di Cisternino, nel cuore della Valle D’Itria, te le spiegano senza troppi giri di parole Davide e Katia non appena esterni la voglia di capire e approfondire. Buyer lei, impiegato senza entusiasmo nella ditta di impiantistica del padre lui, decidono di comune accordo di prendersi un anno sabbatico per cambiare vita e fare quello che realmente sentivano intimamente di fare. Un anno in giro per la Spagna – la loro comune passione – ma anche su e giù per la Puglia in cerca di piccoli ma validi produttori per completare l’offerta dell’azienda agricola di proprietà a pochi chilometri da qui, in agro di Ostuni. Un anno che adesso sta tutto qui, sotto i tuoi occhi, senza sottintesi e troppi giri di parole.

Il progetto dell’interior design è stato curato da un loro amico architetto di Basilea che vive a Monaco e che tramite Skype, su loro precise indicazioni su cosa utilizzare e come – quasi esclusivamente materiale di recupero – ha definito e coordinato i lavori: il risultato è un mood dal sapore internazionale ma con una freschezza e una luminosità decisamente meridiane che rapiscono la clientela, quasi esclusivamente straniera.

L’offerta, invece, prende spunto – con leggerezza e un pizzico di ironia – da nomi, tempi e riti iberici: alle 18.00, all’apertura, c’è l’aperitivo con pintxos e, per chi li predilige, soft drinks con centrifugati di frutta e verdura; alle 20.00 si cena con tapas, che qui  significa minestre o zuppe, insalate, pesce o carne (poca e non alla brace, com’è d’uso, diffuso, in paese) sempre in abbinamento a verdure o legumi, e un paio di semplici ma efficaci dessert, tutto in porzioni “umane” in una terra dove regnano ancora porzioni da dopoguerra e bulimici antipasti che di pugliese hanno ormai poco o nulla; dalle 23.00, invece, si beve attingendo da una piccola ma significativa selezione di vini e birre artigianali rigorosamente regionali.

A completare l’atipicità ci pensano i ritmi slow dietro il banco e in sala, i sorrisi, la gentilezza, la disponibilità a non lesinare spiegazioni, ricette e cotture, la passione che accende gli occhi quando si parla di progetti futuri, di idee in progress, di quello che in campagna oggi si può e si deve fare se si vogliono invertire tendenze ed evolversi da ataviche e vincolanti impasse.

Tutto questo, magicamente, arriva dritto e integro al palato, il recettore finale, il traduttore istantaneo, l’organo che oggi non puoi più ingannare. Qui si fa sul serio e non si mente. Quello che c’è scritto sulla lavagnetta non è ruffiano adeguamento alle mode correnti e già abusate del “bio” e del “vegan”, ma la scelta e la capacità di trasferire a tavola solo sapori freschi, puliti, intensi e – pertanto – emozionanti.

La vellutata di zucchine con noce moscata e briciole di pane tostato è melodia per un palato ormai abituato ai non-sapori della grande distribuzione. Il polpo, proposto in guazzetto su crema di cannellini – tre ore di lentissima cottura – è quello pescato da una delle due cooperative di pescatori che riforniscono in esclusiva questa e poche altre attività ristorative. Il tonnetto locale di una piccola azienda conserviera pugliese è servito con fresche insalate e pomodori dell’orto di proprietà.

Il piatto dell’aperitivo, per chi non si vuole fermare a cena, è una girandola di sapori in crescendo: la quiche con ricotta e basilico, la burratina, il canestrato da gustare con la composta di fichi neri fatta in casa, i pomodori essiccati al sole e i cornetti fritti. Meglio ancora se accompagnata da un fresco centrifugato di pesca con vino, limone e basilico che invade e pervade ogni sorta di neuro-recettore.

Si sta bene, ai Giardini 36, anche senza dehors, terrazza e vista panoramica. Senza tende fruscianti, palmizi e cannizzi arabeggianti. Qui quello che conta è l’atmosfera conviviale e informale – specie intorno al tavolo dell’amicizia, il più ambito – che piace, concilia e invita a tornare. Spesso. Anche solo per un dolce. Come la coppia al tavolo di fianco al mio, venuta sin qui chissà da dove a ordinare e godersi, in tranquillità, tra il bello e il buono, due semplici dessert. Una crema catalana con polvere di liquerizia lui, una mousse di ricotta con sciroppo di amarene lei. Sic et simpliciter. Com’è giusto che sia. Senza ansia, senza fretta ma con occhi e orecchie ben aperte. La ristorazione del futuro passa anche da qui.

GIARDINI 36
Via Giardini 36
Cisternino (BR)
+39 080 2471829
www.dfood.it

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