new comfort food
Dimenticate nonne, bisnonne e tate. Mamme protettive, vestali delle cucine, recherche proustiane all’ombra di fanciulli e fanciulle in fiore. Il new comfort food, la nuova frontiera del cibo per il cuore, si scrolla di dosso ricordi appannati e spesso idealizzati, reti e retaggi, varca la soglia di casa e oltrepassa finalmente i confini.
I giovani chef, quelli che sanno e fanno, quelli che hanno studiato e imparato, quelli che hanno viaggiato guardandosi intorno, quelli che hanno talento e lo coltivano, quelli che hanno capito che la cucina è dominio del fuoco, quelli per cui il passato è solo una rampa di lancio e non una piazzola di sosta con il presente che ti sfreccia accanto, vanno finalmente oltre.
Conoscenza e rispetto della materia prima, padronanza di tecniche e tecnologia, scoperta di nuovi ingredienti e riscoperta di quelli dimenticati, suggestioni di cucine esotiche, viaggi e letture, disponibilità al confronto e capacità di ascolto, spregiudicatezza e anticonformismo, concorrono nel tracciare nuovi solchi, aiutano a percorrere nuove strade, spingono ad ambire quell’apparente semplicità di cui parla Niko Romito, dietro cui celare – pronti a deflagrare – sapori, gusti e consistenze inedite o raramente esperite.
L’obiettivo? Colpire al cuore. Rinfrancare, ristorare, risollevare umori, dipingere sorrisi sui volti dei clienti, regalare nuove e diverse emozioni, risvegliare sentimenti e non semplicemente ricordi, rendere straordinario l’ordinario, aprire menti e svelare prospettive.
Affidate pance e cuori nelle mani di questi cuochi, fatevi prendere in cura, per un attimo, un’ora, un giorno – ogni tanto – assaggiando i loro piatti, ascoltando i loro racconti, scoprendone i trascorsi e i nuovi percorsi, liberando i palati da preconcetti e pregiudizi, dilatando incolpevolmente il tempo, lasciandovi avvolgere da quell’onda calda e vibrante che solo una autentica e sincera cucina moderna riesce a farvi avvertire lasciando segno e memoria.
Il mio new comfort food del 2015 sta (stretto) in dodici piatti, uno per ogni mese, quelli che – come da consuetudine su queste pagine – ho scelto per raccontare l’anno appena trascorso. Un anno più di ascolto e tentativi di comprensione che di assaggi compulsivi e privi di riflessioni. Un anno trascorso andando e riandando in posti di elezione e predilezione, muovendomi con circospezione alla ricerca del nuovo, preferendo guardare da lontano perché spesso, avvicinandosi troppo, si rischiano deformazioni e giudizi affrettati. Buon 2016!
GENNAIO
Pochi sanno colpire al cuore come Angelo Sabatelli, il più espressionista tra i cuochi pugliesi. Non solo golose melanzane destagionalizzate e cerebrali veli impalpabili di seppia nella sua feretra. Il suo risotto alla zucca, sugo di cipolla arrosto e canestrato è captatio benevolentiae: resuscita passioni sopite e fa man bassa di sorrisi e applausi.
FEBBRAIO
Capace di passare dal serio al faceto come niente fosse, a Michele Rotondo piace scombinare carte e certezze anche in cucina. Che siano d’ispirazione classica o dettati dall’estro del momento, nei suoi piatti nulla è come appare, come in un gioco di prestigio. La tartare di finto tonno realizzata esclusivamente con pomodori marinati ad arte, ne è paradigma e assioma.
MARZO
Il Luogo di Aimo e Nadia, a Milano, è l’arca del new comfort food, quella su cui Aimo e Nadia Moroni hanno traghettato nel presente, filtrandola e modernizzandola, la memoria della cucina casalinga italiana. La zuppa di fagioli di Sorana e calamaretti spillo di Fabio Pisani e Alessandro Negrini, oggi alla regia dei fuochi del Luogo, è maestria e poesia al servizio della felicità.
APRILE
Dal maestro ha appreso l’arte della leggerezza e la capacità di sublimare anche il più povero degli ingredienti. Di suo ci ha messo la voglia di crescere in fretta e imparare. Dal ristorante di Angelo Sabatelli a una cucina tutta per lui a Borgo Valle Rita, per Salvatore Amato il passo è stato breve ma impegnativo. Uno dei migliori traguardi il crudo di seppia con zucchine marinate al lime su vellutata di piselli.
MAGGIO
Prendi uno straordinario caciocavallo garganico, lo offri come benvenuto ai tuoi clienti e poi, quando si svuota, lo trasformi in accogliente alveo per una corroborante minestra di cavatelli, cozze e fagioli. Un momento di intensa comunione con il piacere che Nicola Russo con semplicità e malcelato orgoglio officia ai tavoli del suo Primo Piano a Foggia. Il ristorante che mancava.
GIUGNO
Infallibile manipolatore di corde sensibili, oggi Mauricio Zillo si diverte e fa divertire nel suo ristorante A Mere, la nuova e vincente avventura parigina. Le seppioline “scarpetta” dell’Adriatico al nero di sesamo con cicorino, mela al bergamotto e crema di rapa bianca scateneranno anche le ire dei puristi del mare, ma rimangono tra le onde lunghe delle migliori esperienze gastronomiche del 2015.
LUGLIO
Si scrive Trippa, si legge trattoria, ed è già il place to be della ristorazione indie milanese. Libera da schemi rigidi e rigidamente modaioli, la cucina schiera un outsider come Diego Rossi che con un’ottima spalla come Pietro Caroli in sala, snobba gli esercizi di stile e punta dritto al piacere. La sua versione desnuda del vitel tonnè, con la carne imperfettibile di Marco Martini, è puro erotismo.
AGOSTOGiovani e determinati, i quattro fratelli Di Gennaro mirano al ristorante perfetto. Quintessenza, la loro palestra di ospitalità e ristorazione di eccellenza a Trani, è già una case history di successo su cui si arrovellano in tanti. . I torcinelli con i gamberi rossi di Gallipoli, piccolo capolavoro di Stefano Di Gennaro, lo chef, fanno vedere “cose che voi umani non potreste immaginarvi”.
SETTEMBRESarà il bel design, sarà il progetto sociale e umanitario a cui sottendono le scelte stilistiche e filosofiche, sarà la brava sommelier, sarà la creatività spinta ma concreta dello chef, sarà quel che sarà – insomma – ma i ventotto posti milanesi dello chef Marco Ambrosini stuzzicano curiosità e interesse. I suoi spaghetti, pomodoro giallo, lime, ginepro e lattuga di mare prima disorientano poi riconciliano con il genere umano.
OTTOBRE
Antonio Bufi ha spiccato finalmente il volo. Chi lo amava e lo ama non aspettava altro. Nell’attesa di provare il nuovo capitolo della sua serial kitchen a Le Giare di Bari, il pensiero torna imperioso al suo Tartufo roccioso, piccola ganache di cioccolato avvolta da un crumble di pepe rosa, sale affumicato, mandorle e briciole di amaretti. Tra i dolci non dolci più buoni dell’anno.
NOVEMBRE
La capacità di saper rileggere e interpretare con personalità la cucina della sua terra, la Sicilia. Valentina Chiaramonte, Chez Munita all’anagrafe social e lavorativa, parte dai fondamentali per sovvertirli tirando fuori dal cappello, anzi dalla chioma di ricci indomabili, lampi di luce mediterranea come le linguine mantecate con panna acida e gamberi rossi di Mazara del Vallo su crema di peperoni rossi.
DICEMBRE
Last but not least, si dovrebbe dire. Maria Cicorella, chef madre moglie e imprenditrice a Conversano, non ha però bisogno di premesse né di puntualizzazioni. L’ultimo mese dell’anno porta la firma di un suo piatto con i cardini della cucina: sapore, calore e cura. Le orecchiette rigorosamente fatte a a mano, funghi cardoncelli, zucca, crema di canestrato e tartufo nero sono da riabilitazione fisica e psichica.
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