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mauricio zillo: un brasiliano in sicilia

| danilo giaffreda

Curioso, irrequieto, cittadino del mondo. Arrivato in Sicilia alla vigilia del lockdown per affrontare una nuova sfida professionale, non ha potuto fare ciò che avrebbe voluto: scandagliare i giacimenti gastronomici isolani, girare per mercati, immergersi nello street-food più estremo, carpirne i segreti, assaggiare e riassaggiare per capire. La conoscenza del mondo, per Mauricio Zillo, passa attraverso il palato. Dal Brasile alla Spagna, dalla Francia all’Italia, dall’Estremo Oriente al Mediterraneo, nell’isola che più ne incarna mito e immaginario: in un mondo sempre più spaventato dal diverso e dall’ignoto e divorato dall’ignoranza, questo cuoco errante alla ricerca perenne di innamoramenti vive invece per conoscere, scoprire, guardare con entusiasmo alla vita, alle sue sorprese, alle occasioni e alle opportunità, senza pregiudizi di sorta. L’ultima sfida è a Palermo, tra le mura vetuste del Gagini, ristorante avantgarde nel panorama cittadino, una tempo show-room del noto scultore rinascimentale Antonello Gagini, che qui sperimentava collaborazioni e contaminazioni con artisti provenienti da tutta l’Italia ed esponeva le sue opere prima di spedirle in tutta l’isola e in continente. Come lui, anche Mauricio non teme confronti.  Misurarsi con una cultura gastronomica saldamente radicata e con tradizioni refrattarie a invasioni e rivoluzioni non lo spaventa. A interessarlo sono i prodotti autoctoni della terra e del mare, i loro profumi, le loro potenzialità, il loro carattere e la possibilità di farli interagire generando sapori inediti, nuove emozioni, nuove esperienze sensoriali. A stimolarlo è la voglia di restituire al palato nella loro pienezza la luce, i colori, le voci, i profumi che qui t’investono impertinenti lasciandoti senza fiato, espressioni violente di una bellezza selvaggia difficile da contenere e comprendere.

I piatti del suo primo menu palermitano pensato in quarantena leggendo saggi di cultura isolana e antichi ricettari, ascoltando le abbanniate che dalla strada salivano fino a casa, assaggiando i must della cucina palermitana che Franco Virga – patron del Gagini insieme a Stefania Milano – gli dispensava quotidianamente tramite un cesto appeso permanentemente al suo balcone, conservano fortunatamente quell’irresistibile leggerezza a cui Mauricio ci ha abituati sin dai tempi del Rebelot e sono già segno di attenzione e concentrazione su una materia prima difficile da addomesticare.

Sarde, acciughe, pomodori, agrumi, formaggi caprini e ovini più o meno stagionati, latticini, quinto quarto di carne e di pesce, capperi, olive, legumi, mandorle, pistacchi, verdure selvatiche, pesci azzurri, maialini neri, cavoli e cavolicelli, melanzane e spezie d’ogni foggia e profumo smettono di rappresentare solo latitudini e longitudini di immoti topoi gastronomici che rispondono al nome di pasta con le sarde, con l’anciova o con i “vruoccoli arriminati”, timballo di anelletti, sarde a beccafico, caponata, arancine e panelle, falso magro, involtini di spada, cassate, cassatelle e cannoli per combinarsi – nelle sue mani – in nuovi, palpitanti e contemporanei affreschi di autentica mediterraneità, liberi da quei sentimenti di orgogliosa appartenenza e autoreferenzialità che qui, nell’isola, vincolano e frenano da tempo necessari e improrogabili sviluppi.

E che dire delle sarde marinate con i fagioli di Ustica, il cavolo “trunzo” e il pomodoro Pachino arrosto e in gelatina o della provocante (un vero azzardo in città) tartare di asinella di Chiaromonte Gulfi con mandorle a cuore dell’Etna tostate, foglie di cappero e ricotta salata?

Non inganni la semplicità del capocollo di maialino nero dei Nebrodi spadellato ad arte e restituito integro in tutto il suo singolare equilibrio di grassi e umori e non si sottovaluti la capacità di far sopravvivere l’unicità organolettica dello sparacello (una tipologia di broccoletto) ad aitanti e prepotenti comprimari come la ‘nduja, il guanciale, il caciocavallo e la “masculina da magghia” (acciughe di particolare pregio catturate con reti dalle maglie molto fitte nelle acque della costa catanese da aprile a luglio).

La risposta – come sempre – è in quel lento, lungo e sensuale languore che accompagna, alla fine, ognuno dei suoi assaggi, insieme alla rassicurante certezza che nessuna geografia, clima, storia, religione o tradizione riuscirà mai a condizionare e alterare la sua naturale predisposizione a immedesimarsi e fondersi – ovunque – con l’essenza più profonda del cibo e del suo mistero.

Gagini Restaurant
Via Cassari 35
90133 Palermo
+39 091 589918
info@gaginirestaurant.com

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