non abbiate paura
Vini preziosi perentoriamente ostentati, faretti puntati quasi ad accecarvi, vetrate simil-blindate, penombra oltre la porta: tutto fa pensare a un inaccessibile caveau, un regno per pochi eletti, un esclusivo e algido club per soli intenditori.
Il fatto che il ristorante Casa Vicina sia stato occultato nell’ultima propaggine degli inferi di quella Disneyland per peccatori di gola che è Eataly a Torino non tragga però in inganno.
Non abbiate paura e varcate senza esitazione la porta dell’Ade: un discreto e beneducato signore vi accoglierà sollecito e vi introdurrà in sala e avrete finalmente accesso a un mondo ovattato e perfettamente illuminato in souplesse di luci e ombre in cui, nella pausa pranzo, quando al piano di sopra ci si scapicolla per trovare un tavolo libero ai ristorantini tematici, potrebbe capitarvi la doppia felice sorte di pranzare in beata e regale solitudine e provare, con ragionevole esborso, una delle migliori cucine tradizionali piemontesi. Quella dei fratelli Vicina, Claudio e Anna in cucina e Stefano in sala, che da Borgofranco d’Ivrea prima e da Via Massena, a Torino, poi, si sono spostati in Corso Nizza a griffare, in società con Piero Alciati del mitico Guido di Pollenzo, la prima rivoluzionaria avventura imprenditoriale che si sia mai vista nel mondo dell’enogastronomia italiana.
Una cucina, quella eporediese nello specifico, perfetta sintesi di ricca classicità d’oltralpe e tradizione povera contadina, che esordisce in tavola con una impeccabile insalata russa che azzera ogni opaca memoria in tema ed esplode, poi, con il tonno di coniglio grigio di Carmagnola con giardiniera di verdure: una fantasmagorica sollecitazione di sensi tutta giocata su consistenze, contrasti, colori e profumi, un gorgo di sapori senza incertezze e distrazioni.
A seguire, la pacatezza e la solidità della tradizione, gli agnolotti Vecchia Eporedia pizzicati a mano in sugo di arrosto: talmente buoni, sapidi, carnosi e rassicuranti da indurvi a sciogliere ogni razionale riservatezza per sbracarvi in familiare rilassamento nella già comoda poltroncina e rimuginare, già nostalgici, sull’intensità del piacere appena provato.
Il piatto dei dolci, alla fine, è una girandola di reminiscenze di colori, sapori e profumi d’infanzia, un amarcord di goloserie che, anche se non appartengono alla vostra cultura e alle vostre latitudini, sono nella struttura del vostro DNA di impenitenti golosi. La composta di albicocche al moscato è sensuale, la pesca con amaretto è voluttuosa, la “susannina” è da girone infernale, il cremino gelato al caffè fresco e appagante.
Ma siccome la fine non ha mai fine, Stefano Vicina, il signore che vi ha accolto all’ingresso e premurosamente assistito in sala, non pago di vedervi stremati e alquanto in difficoltà nel tentativo di riagguantare contegno e piene facoltà mentali, vi farà planare in tavola anche le “coccole”, l’apparentemente imbelle guantierina di mignon e praline di fine desinare che inizialmente snobberete per decoro salvo finire, poi, col vuotarla, approfittando della finta disattenzione del propinatore.
Un solo, caloroso consiglio: non rinunciate al bon bon ripieno di gin tonic. Vi irrorerà di felicità e armonia col mondo per il resto della giornata.
Ristorante Casa Vicina – Guido per Eataly
Via Nizza 224
Eataly – Torino
011 19506840
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