palermo per principianti (reloaded)
Sciamano fuori da navi che sembrano palazzi galleggianti e come api impazzite si dirigono verso il primo bar o pasticceria che trovano per strada per fare la prima delle tante colazioni che costelleranno la loro tappa a Palermo. Affamati non sono, perché in crociera – si sa – il cibo abbonda, e neanche di fretta, perché il rientro a bordo è previsto per sera. A muoverli – e smuovere l’appetito – è l’immaginario gastronomico palermitano, quel suggestivo catalogo di prelibatezze dolci e salate, noto in tutto il mondo, che alimenta desideri e ossessioni. L’ansia di mettere subito sotto i denti un cannolo, una cassatina, un’iris (sì anche quella conoscono, grazie al film “La mafia uccide solo d’estate”) – tanto per cominciare – e poi uno sfincione, un’arancina, una caponata e un panino ‘ca meusa, è tanta e impellente che ci si accontenta del primo bar, del primo finto street-food (ormai si chiamano più o meno tutti così e proliferano impunemente), del primo bistrot che ostenta furbescamente tutta l’iconografia pop della città. Ma non illudiamoci, non sono solo i crocieristi a prendere cantonate, ad accontentarsi di surrogati della vera essenza gastronomica della città. La pigrizia e un’incolpevole ignoranza in materia depistano molti dei turisti in transito o in vacanza in città. I più avveduti viaggiano con le guide (con indirizzi però spesso datati e informazioni di seconda mano), i più social fanno i sondaggi in rete in cerca di top list opportunamente taggate, i più scaltri ricorrono agli amici locali chiedendo itinerari personalizzati. Da pugliese trapiantato a Palermo, impaziente e curioso onnivoro, presunto esperto in materia, vengo spesso interpellato in merito e con la dovuta cautela stilo in privato itinerari (per me) imperdibili, chicche introvabili sulle guide, bar e ristoranti del cuore di cui godere durante il soggiorno in città.
Nella speranza di essere più estensivamente utile ho deciso di riassumere la mia Palermo, una Palermo per principianti, imprescindibile per chi voglia coglierne l’essenza, tentare di decifrarla e – non è difficile – innamorarsene.
COLAZIONI E DOLCI INTERMEZZI
Alla Pasticceria Cappello, la migliore in città, l’approdo al bancone bar è anticipato da una rassegna di mousse, bavaresi e altre monoporzioni da capogiro, ma anche con i lievitati (specie quelli con la crema pasticcera che qui chiamano crema gialla) si vola alto grazie alla firma – inconfondibile – del maestro pasticciere Salvatore Cappello.
Al Bar Vabres, a due passi dalla Stazione Centrale, quindi un po’ fuori mano rispetto agli itinerari turistici canonici, la deviazione è premiata da ottimi cornetti artigianali (quello ai cereali su tutti) e pezzi da rosticceria (qui li chiamano “pezzi”) fatti rigorosamente in casa, ma anche da una bella scelta di specialty coffee, oggetto di un vero e proprio rito officiato da Alessio: un filtrato – per chi non ha fretta – sarebbe l’ideale, ma un più rapido “cortado” rende bene l’idea del livello qualitativo proposto. Astenersi ricercatori di atmosfere e soste prolungate: lo spazio esiguo e l’essenzialità degli arredi rendono la visita necessariamente breve.
Alla Cioccolateria Lorenzo, a due passi dalla suggestiva Piazza Marina, l’imbarazzo della scelta è tra le tante e buonissime torte fatte in casa disponibili tutto il giorno. Atmosfera da bistrot d’antan e slow-living come filosofia.
A Casa Stagnitta, accanto alla storica, omonima torrefazione in Discesa dei Giudici, poco lontano dai centralissimi Quattro Canti, oltre alla rituale brioche (quella vera, col tuppo) con gelato, imperdibili sono le granite e, ovviamente, il caffè (quello da miscela arabica su tutti).
IN GIRO PER LA CITTA’: IL DECALOGO E’ QUESTO
L’elenco dei luoghi da visitare a Palermo è pressoché inesauribile, tante sono le testimonianze di pregio lasciate da dominatori più o meno pacifici avvicendatisi nel corso dei secoli. Io, naturalmente, ho i miei luoghi del cuore, quelli capaci di lasciare un segno che va oltre gli imprescindibili valori artistici e storici, quelli dove torno anche più volte scoprendo sempre qualcosa di nuovo e affascinante.
Palazzo Abatellis, capolavoro espositivo frutto della stretta collaborazione tra il soprintendente Giorgio Vigni e l’architetto Carlo Scarpa agli inizi degli anni ’50, lascia senza fiato davanti al busto di Eleonora D’Aragona scolpito da Francesco Laurana, al Trionfo della Morte – affresco anonimo in stile gotico internazionale – e all’Annunziata di Antonello da Messina, autentica icona rinascimentale.
San Giovanni degli Eremiti, scheggia arabo-normanna dalle inconfondibili cupole rosse a due passi dal Palazzo D’Orleans, convive con un lussureggiante giardino mediterraneo e un piccolo e prezioso chiostro benedettino dove rimanere per ore in contemplazione.
Gli Oratori di San Lorenzo e Santa Cita sono le testimonianze più fantasmagoriche, tra le tante disseminate in città (da sole valgono un viaggio), dell’estroso talento di Giacomo Serpotta, scultore e “stuccatore” nella Palermo barocca del ‘600.
Le Stanze al Genio, una bella abitazione privata a due passi dalla Stazione Centrale trasformata in una casa-museo che ospita una singolare raccolta di oltre 4900 preziosi esemplari di maioliche antiche dal XV al XIX secolo che diversi collezionisti hanno raccolto negli anni salvandoli dall’oblio o da distruzione certa. E’ possibile anche soggiornare in una delle cinque bellissime stanze adibite a B&B.
Santa Maria dello Spasimo, concepita per ospitare un dipinto ad hoc di Raffaello da Urbino e un magnifico altare marmoreo di Antonello Gagini per incorniciarlo, non fu mai completata e rimane così una delle chiese senza tetto più belle e suggestive al mondo, da godersi in silenzio durante il giorno o come suggestiva quinta dei tanti concerti e spettacoli che vi si tengono durante l’anno
Casa Professa, gravemente danneggiata dai bombardamenti degli alleati e poi ricostruita e restaurata per lunghissimi anni sino alla riapertura al pubblico nel 2005, è la rappresentazione plastica della smisuratezza del barocco: qui l’horror vacui è un concetto felicemente superato da una saturazione dello spazio oltre ogni immaginazione.
Il Museo Internazionale delle Marionette, non è solo l’arte dei pupi, esaustivamente testimoniata, ma tutto lo scibile internazionale in tema di marionette, burattini, ombre e macchine sceniche. Una riserva aurea di bellezza, arte, cultura, artigianato e di impensabili e sorprendenti collegamenti tra le arti popolari di tutto il mondo.
Palazzo Butera è la residenza privata più bella e monumentale della città riportata agli antichi splendori dagli illuminati collezionisti d’arte Francesca e Massimo Valsecchi e trasformata, grazie ad un accurato restauro integrale – strutturale e artistico – e a un ambizioso progetto architettonico e museografico, in un singolare e imperdibile complesso espositivo permanente. Imperdibile la Passeggiata delle Cattive, ai suoi piedi, riaperta dopo anni di colpevole sottrazione alla città, straordinario punto di vista sul Foro Italico – il lungomare dei Palermitani – e la Cala, il porto turistico della città.
La Cala, ventre accogliente per imbarcazioni da diporto incastonato nel più vasto panormus urbano, rientra – insieme al Foro Italico e, presto, al porticciolo di Sant’Erasmo – nel grande progetto di restituzione del water-front alla città avviato ormai da qualche anno. Correre o passeggiare lungo la banchina, bere un aperitivo ai tavolini dei suoi bar o farsi ipnotizzare dal suono delle drizze sugli alberi delle barche a vela significa immaginare la Palermo prossima futura.
Fino al 2014 monastero di clausura dell’ordine domenicano, il complesso monumentale della Chiesa di Santa Caterina di Alessandria è aperto al pubblico dal 2017 come museo di arte sacra. Al suo interno si trova la dolceria, dove vengono riprodotti – e commercializzati – i dolci di svariati monasteri di Palermo secondo le antiche ricette delle suore. Fino al 1866 coperte e protette da grate, oggi le sue terrazze offrono una suggestiva vista panoramica a 360° sulla città.
L’Orto Botanico, last but not least, è rifugio, ombra, respiro, sogno ed evasione in una città attanagliata dal traffico e dal troppo caldo. Venirci, e perdersi, significa riconciliarsi con l’elemento vegetale e misurarsi con la sua eclatante supremazia.
I FUORIPISTA
Certo non siamo a Vienna, Londra o Parigi, dove le grandi distanze tra un museo e l’altro costringono a plurime soste rinfrancanti, ma a Palermo (non dimenticatelo) fa molto caldo e il caldo, si sa, induce alla lentezza, alla pausa, a quei fuori-pista che spesso svelano aspetti e scorci inattesi della città.
E’ il caso della terrazza all’ultimo piano de La Rinascente in Via Roma, da dove – caffè o aperitivo annesso e connesso – si gode di una superba prospettiva a volo d’uccello sulla città storica, dalla sottostante Piazza San Domenico alla corona delle montagne dell’entroterra.
Uscendo dai confini del centro storico, in direzione della Zisa, interessante per capire dove e come si sta concretizzando il futuro culturale della città è la deviazione ai Cantieri Culturali alla Zisa, dove ci si può fermare a fare l’aperitivo al nuovissimo Averna Spazio Open (una grande piazza adibita anche a concerti e spettacoli) o a mangiare un boccone o semplicemente sorseggiare un caffè navigando in wi-fi al Cre.Zi.Plus, incubatore di futuro e oasi ristorativa tra laboratori culturali, cinema, biblioteche, aule dell’Accademia di Belle Arti e sedi del Centre Culturel Francais e del Goethe Institut.
Irrinunciabile, on the road (la trovate infatti in ben due sedi strategicamente posizionate, in Piazzetta Bagnasco e in Corso Vittorio Emanuele, a due passi dalla Cattedrale), la gelateria Cappadonia del maestro Antonio Cappadonia, che dalla nativa Cerda ha voluto portare in città il suo verbo (e i suoi diktat). Il mio gusto-ossessione è l’arachide salata, ma i gusti signature sono il pistacchio e la nocciola. Buoni anche i sorbetti e le granite alla frutta.
MANGIARE (E BERE) BENE DA DUE EURO AD LIBITUM
Che siano brevi pause pranzo o vere e proprie cene, a Palermo è possibile mangiare semplicemente con pochi euro o decidere di fare esperienze più complesse sempre all’insegna della qualità e della freschezza. L’importante è non fermarsi dove risulta comodo farlo ma valutare aspetti spesso trascurati come il decoro, la chiarezza dell’offerta gastronomica, la pulizia, la presenza di listini e/o menu con la corretta indicazione dei prezzi e, non meno importanti, l’affabilità e la gentilezza dei ristoratori, purché non esibite ad arte solo per imbonirsi il turista di turno.
Un must, segnalatissimo anche dalla stampa internazionale, per calarsi nel clima autentico dello street-food palermitano, è la sosta per un panino alla Friggitoria Chiluzzo in Piazza Kalsa, a due passi dal mare del Foro Italico, dove con meno di 5 euro è possibile sfamarsi e dissetarsi con piacere.
Seguono a ruota il vicinissimo (di fronte a Villa Giulia, in prossimità dell’Orto Botanico) Bar Touring, meglio noto per l’arancina bomba, un’arancina (al femminile, mi raccomando, non siamo a Catania) ben più consistente di quella ordinaria e, su tutt’altro versante, il Bar Turistico, all’Acquasanta, borgata marinara sulla strada per l’Addaura e Mondello, dove sull’ottima rosticceria svetta il tradizionale e imperdibile “spitino”, un parallelepipedo di ragù ai piselli tenuto insieme con pancarré bagnato con besciamella e poi panato e fritto.
Se invece siete amanti della comodità ma vi va di spendere con moderatezza, due sono gli indirizzi raccomandati in pieno centro, entrambi senza possibilità di prenotazione (armatevi di pazienza, l’attesa all’ora di punta e nei fine settimana potrebbe non essere breve): Bisso Bistrot, piatti della tradizione rivisitati con brio e qualche timida divagazione creativa in mezzo a una simpatica e contagiosa babele internazionale, e Fud Bottega Sicula, primo e fortunato clone della casa madre catanese, dove il fast-food incontra la migliore e autentica enogastronomia siciliana.
Nuovissima la formula con qualche piatto vegetariano a pranzo e tapas all’ora dell’aperitivo all’Ojda in Piazza Aragona, metà bistrot con ampia scelta di vini naturali disponibili tutti al calice e metà atelier di moda di una fashion designer svedese, compagna e socia del titolare palermitano. Atmosfera nordica, anima mediterranea.
Imperdibile, per amanti di esperienze “sideways”, e vicinissimo al fin troppo pittoresco e animato mercato di Ballarò, il tuffo nel meltin’ pot di colori e sapori del sud del mondo da Moltivolti, compiuto progetto sociale e gastronomico interrazziale e interculturale dove l’attenta e sensibile regia dello chef Antonio Campo ha saputo trovare il giusto equilibrio tra cucine top e pop.
Di recente inaugurazione, dall’allure internazionale e forme contemporanee pieds dans l’eau, il Molo Trapezoidale, un food – district con la possibilità di spaziare dalle colazioni con un ottimo caffè – anche “specialty” – e lunch break al Morettino Coffee Lab (consigliatissimo il brunch, ricca e nutriente declinazione tra il dolce e il salato a cura di Sarah Bonsangue) a una più comoda e prolungata sosta – a pranzo e cena – al Porto Costanza, spin-off marino del più noto e affermato Villa Costanza, passando per i panini e vini di Retrobottega Prezzemolo&Vitale.
“Ma il pesce buono dove si mangia?” vi starete chiedendo, a questo punto.
A Palermo, città di mare, quelle dei plateau di crudi e delle cotture leggere sono introduzioni recenti, la tradizione vuole il pesce preparato con ricette molto elaborate, in nome del barocchismo imperante, ma le cose stanno fortunatamente cambiando e la semplicità della cucina di mare più autentica sta prendendo velocemente piede. Tre sono gli indirizzi del cuore che spaziano dalla tradizione popolare palermitana più verace a interpretazioni più contemporanee del mondo marino.
Cortesia, eleganza e freschezza ineccepibile della materia prima con arrivi giornalieri dalla vicina Terrasini, sono la cifra di Corona, piccolo ristorante di lunga tradizione familiare in tema marinaro (e non solo) fuori dalle rotte turistiche ma ben propagandato dai passaparola che fanno il giro del mondo.
Prenotando per tempo – pochi i coperti e tutto sommato modica la spesa – l’Osteria Mercede assicura freschezza quotidiana e ricette della tradizione marinara interpretate con leggerezza e perizia. Il menu è su una lavagna vergata quotidianamente dove i classici sempre in carta si alternano ai piatti del giorno secondo mercato.
Nel cuore della Vucciria, sulla Via dei Cassari che corre parallela a Corso Vittorio Emanuele e sfocia sulla sempre animata Piazza Caracciolo, cuore della movida mangereccia palermitana a caccia di street-food a buon mercato, l’Aja Mola si distingue per una cucina marinara di grande creatività: influenzata inizialmente dal dirimpettaio e mentore Gagini, oggi la cucina della giovanissima Tiziana Francoforte corre in assoluta autonomia ostentando carattere e concretezza.
Ma i generi non appartengono alla cultura gastronomica della città, che per sua natura tende ad accogliere tutto, incrociare e meticciare. E’ per questo che a diffondersi e a prendere piede sono sempre più quelle formule multitasking che contengono e mescolano più proposte, dalla pizza in versione tradizionale e/o gourmet alle tapas, dalla cucina cucinata ai panini cunzati, dai club sandwich al ramen versione isolana.
Fanno tendenza e proseliti, in questo: lo spigliato Cicala, a un tiro di schioppo dalla Cala; l’informale Fud Bocs, accanto al Molo Sant’Erasmo, versione marina dall’aria vacanziera del già citato Fud Bottega Sicula e – ultimo nato – un interessante fusion tra cucina giapponese e ingredienti iconici siculi, il Blade Ramen, minuscolo ramen bar (interessanti i ramen con tenerumi, zucchina lunga e pesce locale) e non solo: imperdibili gli yakisoba, gli yakidango e i gyoza veg. Prenotazione obbligatoria, i posti a sedere su sgabelli sono pochissimi e richiestissimi.
All’appello manca solo il fine-dining, la ristorazione impostata, attenta alla mise en place e al servizio, con una cucina curata e possibilmente creativa. A Palermo ha preso finalmente piede, premiata, dopo anni di incomprensione e non poche difficoltà. In una città che preferisce la sostanza all’essenza, l’orpello al minimalismo, il food comfort all’avanguardia gastronomica, fare alta ristorazione non è facile. Tra gli indirizzi di eccellenza – meno di una decina, ma tutti ben noti e presenti su tutte le guide – spiccano, entrambi stellati e a pari merito, pur se diversissimi: il Mec, primo ristorante al mondo ad essere ospitato in un museo – nello specifico quello dei prodotti Apple della Fondazione Jobs – tra teche con i primi modelli di processori Macintosh e il Gagini, nel cuore della Vucciria, tra le antiche mura di quella che fu la bottega (oggi si direbbe atelier) dello scultore rinascimentale Antonio Gagini. Nel primo si esperisce una cucina curata, elegante, di suggestioni internazionali pur trattando materia prima in gran parte rigorosamente locale, nell’altro, l’estro inquieto e meticcio dello chef italo-brasiliano Mauricio Zillo assicura un viaggio sui generis e mai scontato tra i tanti, autentici prodotti di nicchia della migliore cultura gastronomica isolana.
PRIMA E DOPO CENA
La grande bellezza (e bontà) palermitana non può che iniziare o concludersi con un cocktail, al tramonto o round midnight, quando la suggestione è più forte. La migliore miscelazione cittadina è attualmente nelle mani (fatate) di Sonja Scrudato – bartender e barwoman di rango – che, dopo aver collezionato esperienze e proseliti in alcuni dei migliori cocktail bar cittadini, ha trovato ribalta stabile all’Osservatorio Rooftop, all’ultimo piano dell’Hotel Plaza Opéra, a due passi dalla centralissima Piazza Politeama. Qui, in una scatola trasparente d’inverno e in terrazza nella bella stagione si sorseggiano i suoi irresistibili signature con vista panoramica sul Teatro Politeama: il June 21 – per onorare il solstizio d’estate – e lo Skywalker i miei preferiti, accompagnati da sfiziose tapas in costante riassortimento.
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