piccolo almanacco di pura felicità
E’ il credo eno-gastronomico da portarsi appresso nel 2014, in un transito non privo di inquietudine, ma non per questo meno intrigante e stimolante. Le esperienze culinarie fatte lungo l’arco dell’anno, prevalentemente concentrate nella mia terra – la Puglia – per motivi di lavoro, non lasciano margine a dubbi. La cucina del futuro su cui investire, puntare, credere e impegnarsi per navigare senza andare incontro a naufragi è il comfort food, il cibo dell’anima, quello che scalda testa e cuore, diretto, senza diaframmi, interferenze, codici interpretativi ed elaborazioni troppo ardite. O l’orgasmo è immediato, potente, cerebrale e fisico, di viscere e di ipotalamo, o non è.
C’è poco da girare intorno, raccontarsela e raccontare troppe favole che poi si fa fatica a rintracciare nei piatti. Inutile perdere tempo a costruire eleganti ikebana, sforzarsi a usare la bella calligrafia, rintracciare come rabdomanti materie prime dimenticate e primordiali, annaspare in leggende di infanzie trascorse in cucina tra le gonne delle femmine di casa, inventarsi passioni incontenibili, destini segnati, folgorazioni sulla via di Damasco. La cucina è fatica, rigore, abnegazione. Anche passione, rapimento ed estasi. Ci sta pure. Ma è fondamentalmente amore. Dedizione totale all’altro. Immedesimazione nell’altro. Ricerca della felicità dell’altro. Voglia di gratificazione dall’altro. Tensione al raggiungimento del piacere attraverso il dare e il ricevere. Immaginare e riuscire a realizzare – attraverso l’alchimia degli ingredienti – la felicità del prossimo: figli, consorti, amanti, amici, clienti e, di riflesso, la propria. Mettere arte, esperienza, genialità, energia pura, umiltà, creatività e talento a completa disposizione di chi si mette nelle nostre mani, si abbandona, molla redini e remore e si aspetta solo uno spicchio della felicità perduta in quel paradiso da cui siamo stati cacciati e in cui tentiamo invano di tornare.
I momenti del 2013 in cui ciò è magicamente avvenuto sono stati molti, ma non tanti. Ho percepito con mio grande piacere una svolta di tendenza in questo senso, più ad opera di giovani e giovanissimi, che di quelli irremovibilmente legati a un passato glorioso che non tornerà più, un passato dove bastava fare giochi di prestigio, usare materia prima prestigiosa ed esclusiva, stappare bottiglie oggi proibitive per épater le bourgeois, incantare platee, lustrarsi distintivi, collezionare gagliardetti.
Oggi vince chi pensa, chi usa intelligentemente l’alto e il basso, chi interseca con disinvoltura le classi sociali e parimenti le tratta, chi sa stare sulla strada e sul red carpet senza cambiare atteggiamento, chi sta in cucina a guidare una brigata come se stesse in casa a organizzare la migliore cena possibile per il partner, chi non dimentica mai che cucinare è un mestiere come tutti gli altri ma che ti può rendere felice più degli altri, chi non perde mai di vista le aspettative di chi, oltre il confine del pass, si aspetta qualcosa di meraviglioso, irripetibile e indimenticabile, quasi fosse sempre l’ultima cena o il pranzo perfetto. E soprattutto chi capisce che tutto questo si può raggiungere indifferentemente sia con un semplice ma perfetto piatto di spaghetti al pomodoro fresco, cipollotto e basilico che con la più ardita delle elaborazioni.
Com’è ormai mia abitudine, per non dimenticare l’anno passato e salutare quello appena iniziato, vi ripropongo alcuni dei miei piatti felici del 2013, dodici epifanie – per l’appunto – di semplicità e immensità provate in quei posti – soliti, scoperti o riscoperti – dove ho trovato un po’ di quel paradiso perduto di cui abbiamo tutti sempre più bisogno. Buon 2014, allora!
GENNAIO
La scoperta del gusto puro e duro è nella piccola Osteria Bottega di Daniele Minarelli a Bologna. Le sue tagliatelle al ragù sono una fuga dal freddo pungente e la riconciliazione col mondo fuori dalle vetrine. Le sue parole, le sue attenzioni e la sua esperienza una coperta calda da portarsi via per sempre.
FEBBRAIO
L’immensità della semplicità, tutto il sapore dell’Italia in un piatto. Colorato, allegro, pieno di suggestione, profumi, ricordi. Il Risotto Gran Riserva mantecato all’olio extravergine di oliva con pomodorini siciliani, capperi, burrata pugliese e scampi liguri cotti su pietra di Fabio Pisani e Alessandro Negrini da Aimo e Nadia, a Milano, è riuscito a sciogliere d’incanto anche la neve più tenace.
MARZO
La strada lunga e perigliosa per raggiungerlo non spaventi. Da Pino Cuttaia, nella sua Madia a Licata, basterebbe questo piatto per ricompensarsi della fatica e regalarsi felicità in purezza. Petali di zucchina, latte di mandorla, vongole, ricci di mare, polvere croccante di lenticchie e buccia di cedro per farti tornare indietro nel tempo e sognare. Uno dei pochi a saperlo fare.
APRILE
Al Pashà di Maria Cicorella e suo figlio Antonello Magistà si torna come si torna all’amore. E lei contraccambia con una cucina che si fa sempre più stilizzata, di semplice ma efficace intuizione, ma calda, materna e avvolgente. La sua crema di lenticchie con frutti di mare appena baciati dal fuoco è gioco intelligente di consistenze e persistenze al confine tra inverno e primavera.
MAGGIO
Lontano da tutto, molto vicino al cuore. L’agnello di Cristian Torsiello nella sua Osteria Arbustico a Valva è musica, arrendevolezza, stato di grazia. Cottura perfetta come poche. Carne sublime. Impiattamento essenziale ma efficace. La ricercatezza come regola professionale.
GIUGNO
Non potevano chiamarsi diversamente. Gli Antichi Sapori di Pietro Zito non sono solo uno slogan, un manifesto, una ragione di vita, ma quelli che ritrovi intatti nel piatto dopo averli persi chissà dove. I maccheroncini alla rucola fatti in casa con pomodorino novello del suo orto, una foglia di basilico e una grattugiata di cacio ricotta fanno dialogare col Divino, ovunque egli sia.
LUGLIO
Braciole, bragiole, brasciole. Tu chiamale come vuoi, ma sono emozioni. Queste sono quelle – sublimi, perfette, indimenticabili – provate quest’estate in un piccolo, piccolissimo avamposto di buongusto e resilienza imprenditoriale a Putignano. Luigi Pugliese e Maide Leone, fanno cultura pugliese facendoti sentire a casa, con tutta la passione possibile e immaginabile per farti tornare a trovarli.
AGOSTO
Agosto è il mese dell’appuntamento fisso da Angelo Sabatelli con un caro amico lontano. Ogni volta è una festa, con fuochi d’artificio, musica e divertimento nei piatti. Questo è in assoluto il mio piatto dell’anno. Stordimento puro. Il negativo dell’Omaggio a Monk botturiano, l’ho definito. E non a caso. Un tuffo di piacere puro nell’immacolato ignoto appena sporcato dalla liquerizia di mare. Da antologia.
SETTEMBRE
La riscoperta del mare dell’infanzia, dei profumi e dei colori rimasti intatti negli occhi e nel naso per decenni è al Trabucco da Mimì, a picco sul blu profondo del mare di Peschici. Il cefalo appena tolto dalla rete viene spaccato, profumato di erbe aromatiche e messo sui carboni. Come una volta. Null’altro. Da vagheggiare nell’inverno lungo e freddo che ci separa dalla prossima estate.
OTTOBRE
La famiglia, la storia, la memoria. E il lavoro messo a disposizione della felicità altrui. La formula semplice, senza orpelli, di un successo senza incrinature. Dalla famiglia Marsella della Cuccagna bisogna solo farsi adottare e non pensare ad altro, perché ci pensano loro. I cardi gratinati di Mamma Livia sono il piatto cult per tutte le generazioni. Per chi sa e non vuole dimenticare e per chi non sa e vorrebbe ricordare.
NOVEMBRE
Entri e ti ritrovi lontano da tutto, di colpo. Ma il nome esotico non inganni. La gentilezza, il savoir faire, la professionalità e i sorrisi sono italianissimi. Anzi pugliesi doc. All’Umami di Felice Sgarra anche due spaghetti espresso al sugo di canocchie, l’essenza più persistenza che esista in tema marino, diventano piccola ma duratura felicità.
DICEMBRE
Il conforto dall’orto. Il cerchio della vita che si chiude, sempre e perfettamente. Da Peppe Zullo a Orsara si sperimenta la semplicità come regola di sopravvivenza ma anche di insospettabile piacere. Al tavolo sociale, con ospiti vecchi e nuovi, tra battute, sorrisi e qualche volta anche musica, la zuppa di cannellini con erbe spontanee e un filo d’olio novello ha il sapore della sincerità.
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